Finalmente è accessibile a tutti l’app Immuni per il tracciamento del contagio da COVID-19 (contact tracing). Vediamo cos’è.
In cosa consiste
Come qualcuno (ed in questo articolo “rubo” le definizioni coniate) ha scritto, possiamo pensare a due soluzioni per controllare l’epidemia di COVID-19:
Controllo Analogico, consiste nell’individuare la persona malata mediante i tamponi, e risalire alla catena dei contatti che ha avuto nei 14 giorni precedenti e metterli in quarantena per verificare che non siano stati contagiati.
Controllo Digitale, consiste nell’utilizzo di app di “tracciamento” che consentono di avvisare gli utenti che hanno avuto un’esposizione a rischio, anche se sono asintomatici.
Il primo metodo è quello utilizzato durante la fase critica (marzo-maggio) e che continuerà ad essere usato ogni volta che non si potrà ricorrere a quello digitale. È molto oneroso e richiede tempo.
Il secondo metodo è quello legato all’App Immuni.
In entrambi i casi è necessario proteggere i dati personali dell’individuo.
Le Indicazioni del Garante
Il Garante per la protezione dei dati personali ha autorizzato il Ministero della salute ad avviare il trattamento relativo al Sistema di allerta Covid-19 (app “Immuni”).
Sulla base della valutazione d’impatto trasmessa dal Ministero (leggi qui), il trattamento di dati personali effettuato nell’ambito del sistema può essere considerato proporzionato.
Sono state previste misure volte a garantire in misura sufficiente il rispetto dei diritti e le libertà degli interessati, che attenuano i rischi che potrebbero derivare da trattamento.
Tenuto conto della complessità del sistema di allerta e del numero dei soggetti potenzialmente coinvolti, il Garante ha comunque ritenuto di dare una serie di misure volte a rafforzare la sicurezza dei dati delle persone che scaricheranno la app (leggi qui).
Tali misure potranno essere adottate nell’ambito della sperimentazione del Sistema, così da garantire che nella fase di attuazione ogni residua criticità sia risolta.
Come funziona
Immuni si basa sulla tecnologia bluethooth BLE (Bluethooth Low Energy), e non geolocalizza i telefoni (inclusi quelli che hanno il GPS).
L’app non raccoglie e non è in grado di ottenere alcun dato identificativo dell’utente, quali nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono o indirizzo email.
Immuni associa ad ogni telefono un codice CASUALE, che viene cambiato diverse volte ogni ora.
I telefoni con l’app installata che si incontrano, si scambiano i rispettivi codici casuali, tramite BLE.
L’app su ogni telefono registrerà il codice del contatto, il tempo di esposizione e la distanza tra i due cellulari.
Quando un individuo risulta contagiato, può (non è un obbligo) comunicare al Server del Ministero della Salute il proprio codice casuale.
Come fa Immuni a sapere che ho avuto un contatto con una persona infetta?
L’app presente su ogni telefono mobile, periodicamente si collega al server del Ministero della salute. Ogni volta verifica se tra i codici inseriti ci sono anche quelli registrati sul device; se questa operazione restituisce un esito positivo, l’app notificherà un messaggio di probabile contagio.
A quel punto la persona può rivolgersi al proprio Medico che fornirà le indicazioni operative.
Conclusioni
Io credo che l’app sia un giusto compromesso tra protezione dei dati e tracciabilità degli infetti.
L’uso di Immuni non è stato reso obbligatorio, né lo è la comunicazione del codice al server del Ministero.
Purtroppo una parte della popolazione non potrà scaricarla a causa dell’obsolescenza dei loro telefoni mobili. Immuni, infatti, richiede la presenza almeno dei sistemi operativi Android 6 o iOs 13.5 (questo significa che sono esclusi i modelli come l’iPhone 6 e precedenti o Android precedenti al 2015).
Mi auguro che prevalga il senso civico degli italiani e che un gran numero di persone la installi, per consentire un rapido controllo della propagazione del contagio e difendere così gli anziani e le persone fragili.